
Un ungherese al Nobel della Letteratura
Un primo approccio a Krasznahorkai
SAGGI, RECENSIONI E ARTICOLI
Gerolamo Trequattrini
10/9/20257 min leggere
La settimana presente è quella della assegnazione dei Nobel. Sicuramente gli scrittori e i lettori de Le Quisquilie son più che altro curiosi di conoscere il nome del vincitore del premio alla letteratura. Nella rosa dei papabili c'è un autore in particolare che mi è abbastanza caro: László Krasznahorkai.
La letteratura ungherese e noi
Krasznahorkai nasce nel 1954, a Guya, ed è probabilmente il più grande scrittore vivente d'Ungheria. Ho sempre avuto il sospetto che questa nazione possegga un gran patrimonio letterario del quale molto poco si sa qua in Italia. Questo mio sospetto nacque cinque anni fa circa, quando lessi - pescandolo a caso tra alcuni libri dei miei parenti - Due prigionieri di Lajos Zilahy (1891-1974)[1]. Certamente molti italiani sono familiari con I ragazzi della via Pal di Ferenc Molnár[2], così come altri sono lo sono all'opera di Sándor Márai - grazie ad Adelphi[3] - e altri ancora lo sono all'opera di Magda Szabó - grazie a Einaudi e alla meno nota casa editrice milanese Anfora[4]. L'ultimo Nobel ungherese della Letteratura, ossia Imre Kertész, vincitore nel 2002, è molto tradotto da Feltrinelli[5]. È a Bompiani e alla traduttrice Dóra Várnai che si deve la possibilità di leggere Krasznahorkai in italiano; l'editore ha infatti pubblicato: Satantango (1985), Melancolia della resistenza (1989), Guerra e guerra (1999), Seiobo è discesa quaggiù (2008), Avanti va il mondo (2013), Il ritorno del barone di Wenckheim (2016) ed Herscht 07769 (2024). Dello scrittore ho avuto la fortuna di leggere due romanzi: l'opera d'esordio Satantango e il successivo Guerra e guerra.


Lo scrittore László Krasznahorkai
Satantango
L'opera è ambientata in una misera cooperativa agricola ungherese nella II metà del '900 nel quale gli abitanti vivono tra noia e desiderio di fuga. Una notizia scombussola la gente del posto: il carismatico Irimiás e il suo compare Petrina sono vivi, nonostante qualche tempo fa nel villaggio era arrivata la notizia della loro morte. Mentre la pinzochera del villaggio grida alla Resurrezione, altri compaesani si interrogano sul reale significato di quella apparizione. Ad ogni modo Irimiás non può che suscitare tutto un concerto di diverse reazioni: da coloro che lo considerano una salvezza, la chiave per svoltare la propria esistenza, a coloro che lo guardano con sospetto, con apprensione, liquidandolo come un truffatore e guardandosi bene dall'aderire alla proposta che egli avanza agli abitanti del villaggio.
Memorabile è il seguente brano nel quale l'oste ascolta una testimonianza sul ritorno dei due uomini; Satantango andrebbe ricordato almeno per questo lacerto:
L'oste ascoltava Kelemen sporgendosi in avanti, e lo osservava strizzando gli occhi con la faccia soddisfatta e furbesca; sospettava che quanto sentito fino in quel momento fosse solo una parte, un pezzettino di quanto fosse veramente successo, oppure si trattava di una menzogna. [...] E comunque sapeva anche che non esisteva persona al mondo disposta di sua spontanea volontà a "svuotare subito tutto il sacco", per questo non credeva mai a nessuno, e nemmeno adesso aveva creduto a una sola parola del controllore, sebbene ne facesse tesoro. Era convinto che, anche volendo, le persone non erano capaci di dire la verità, per cui non attribuiva particolare interesse alla prima versione di una storia, se non per prendere atto che "forse era successo qualcosa..." Ma cosa esattamente fosse successo - ne era certo - si sarebbe potuto scoprire solo tramite uno sforzo collettivo, ascoltando cioè sempre nuove versioni della storia, finché non ci sarebbe stato più altro da fare che aspettare; bisognava aspettare che la verità da un momento all'altro apparisse; a quel punto anche gli altri dettagli dell'evento si sarebbero palesati, e così, a ritroso, si sarebbe potuto persino controllare in quale ordine i singoli elementi della storia si fossero susseguiti.[6]


La recente nonché prima foto mai scattata direttamente a un buco nero, 2019
Guerra e guerra
Ancor più notevole, a mio avviso, è Guerra e guerra, nel quale si fa evidente una delle caratteristiche più distintive della scrittura di Kransznahorkai: l'utilizzo di frasi chilometriche. Mentre in Satantango l'uso del punto fermo è ancora ricorrente, in Guerra e guerra una frase può anche durare tre o quattro pagine. Ciò sicuramente può intimidire alcuni lettori, ma rende molto bene la parlata del protagonista, György Korin, ansioso di mettere al corrente ogni interlocutore della propria vicenda e della propria missione.
Costui è un inguaribile disperato: è ormai convinto che niente abbia senso, che nulla ha più valore e che sia impossibile sottrarsi ai rovesci del caso - e qui si spiega la scelta editoriale di porre in copertina la recente foto del buco nero. Perfetto esempio della tirannia del caso è lo spiacevole fatto che accade a Korin, non appena arriva a New York: un bontempone anonimo, che quel giorno aveva deciso di divertirsi a spese altrui, lo sceglie a caso tra la folla e lo avvicina, fingendosi una vecchia conoscenza, per poi piantargli un pugno nello stomaco e levare le tende[7].
Korin però ha un ultimo obiettivo: rendere pubblico grazie a internet il contenuto di un manoscritto senza eguali, rinvenuto nel piccolo archivio dove lavorava, in cui si narra di quattro uomini e del loro prodigioso viaggio lungo più epoche storiche (l'antica Creta, Colonia nel 1869, la Venezia di XV secolo... ).
Ecco ciò che ritengo essere una delle uscite più significative del pensiero di Korin:
Quando moriamo, l'intero meccanismo continua ad andare avanti, e le persone pensano che questo sia l'aspetto più orribile, interruppe la propria narrazione Korin più tardi, abbassò la testa, rifletté per un po', dopo di che con un'espressione addolorata iniziò lentamente a ruotare la testa, dicendo: Eppure dal semplice fatto che continua, si può ben capire che non esiste alcun meccanismo.[8]


Mario Merz (1925-2003), uno dei maggiori esponenti dell'Arte Povera
Un romanzo calato nella realtà
Guerra e guerra non termina all'ultima pagina del romanzo: un aspetto molto interessante è come, della tragica avventura di Korin, siano rimaste delle tracce nella realtà. Mi riferisco alla targa dell'artista Imre Bukta, inaugurata nel 27 giugno 1999, a ricordo della tragica fine di Korin e originariamente situata davanti allo svizzero Hallen für Neue Kunst[9]. Quando il museo chiuse - nel 2014 - le opere custodite in esso e la targa vennero portate altrove; nell'edizione italiana Krasznahorkai suggeriva di cercare la targa in Basilea, al Raussmüller Basel, allora non aperto al pubblico[10].
Altro aspetto interessante è l'esistenza del sito web, warandwar.com, lo stesso dove Korin, nel libro, trascriveva il manoscritto. Se si va in questa pagina, sfortunatamente, si troverà soltanto l'avviso di "Non trovato" al quale segue il messaggio:
Additionally, please be informed that this home page service has been called off due to recurring overdue payment. Attempted mail deliveries to Mr. G. Korin have been returned to the sender with a note: address unknown. Consequently, all data have been ereased from this page.[11]
Ossia:
Inoltre, si informa che il servizio di questa home page è stato sospeso a causa di ricorrenti ritardi nei pagamenti. I tentativi di recapito postale al Sig. G. Korin sono stati restituiti al mittente con la dicitura: indirizzo sconosciuto. Di conseguenza, tutti i dati sono stati cancellati da questa home page.
Ulteriore legame tra libro e realtà è rappresentato dalla messinscena dell'artista Mario Merz, esponente dell'Arte Povera, che, letto il romanzo, andò a litigare col direttore del sopracitato museo svizzero, con l'accusa di non aver permesso al povero Korin di entrare dentro uno dei suoi distintivi igloo[12]. Il dialogo fra artista e direttore sfocia nel surreale:
"Mario, temo che non ti sia evidente una cosa: quella persona, quel personaggio di nome Korin, non esiste!"
Merz urlò con tutte le sue forze.
"Non ho chiesto se quella persona esiste o non esiste!!! Ho chiesto perché non lo avete fatto entrare?!"[13]
Tra Krasznahorkai e Merz c'era grande amicizia e stima reciproca; nelle pagine di Guerra e guerra è inserita anche la foto dell'igloo di Merz conservato al museo svizzero, inoltre è all'artista che lo scrittore dedica il suo Seiobo è discesa quaggiù[14]. Merz avrebbe dovuto perfino realizzare un igloo in onore di Korin, ma, a causa della sua morte sopraggiunta nel 2003, il progetto sfumò[15].


Uno degli iconici igloo di Mario Merz
Conclusioni
Non sono un gran conoscitore di letteratura contemporanea; spesso inoltre i pregi del letterati meritevoli del Nobel sfuggono ai non esperti - e io sono un non esperto. Krasznahorkai è effettivamente molto quotato, ma concorrono altri autori dei quali non so nulla che potrebbero benissimo vincere al posto suo. Questo mio breve testo è solo più che altro un invito alla lettura di László Krasznahorkai - che mi auguro di cuore vinca il Nobel domani - nonché a quegli altri bravi scrittori ungheresi dei quali è possibile leggere le opere in italiano.
Note:
[1] Lajos Zilahy, Due prigionieri, traduzione di Vellani-Dionisi e Martucci, Milano, Dall'Oglio editore, 1955.
[2] Il classico di Molnár è pubblicato da tutti i maggiori editori italiani.
[3] Il catalogo Adelphi comprende ben diciannove suoi libri tra cui: Le braci, La donna giusta, Divorzio a Buda e Il sangue di San Gennaro.
[4] Einaudi dispone di cinque titoli: La porta, La ballata di Iza, Via Katalin, L'altra Eszter e Il vecchio pozzo; Anfora invece dispone di sei titoli: Per Elisa, Abigail, Lolò il principe delle fate, Affresco, la notte dell'uccisione del maiale e Il momento (Creusaide).
[5] Nel catalogo Feltrinelli si ricordano: Essere senza destino, Liquidazione, Dossier K., Fiasco, Kaddish per il bambino non nato e Storia poliziesca.
[6] László Krasznahorkai, Satantango, traduzione di Dóra Várnai, Milano, Bompiani, 2017, p. 104.
[7] László Krasznahorkai, Guerra e guerra, traduzione di Dóra Várnai, Milano, Bompiani, 2020, pp. 116-117.
[8] Ivi, p. 285.
[9] Ivi, p. 377
[10] Ivi, p. 393-394.
[11] https://warandwar.com/.
[12] Franco Fanelli, Mario Merz: il mito vive nella mente del gigante, in "Il Giornale dell'Arte", 12 maggio 2024.
[13] L. Krasznahorkai, Guerra e guerra, p. 383.
[14] Marco De Laurentis, László Krasznahorkai, maestro dell'apocalisse, in "Rivista Studio", 23 novembre 2021.
[15] L. Krasznahorkai, Guerra e guerra, pp. 384-391.
Diritti immagini
Ritratto fotografico di L. Krasznahorkai; origine: Wikimedia Commons; diritti: CC-BY-SA 4.0; autore fotografia: Miklós Déri.
Buco nero supermassiccio nel nucleo della galassia ellittica Messier 87 nella costellazione della Vergine, 2019; fonte: Wikimedia Commons; diritti: CC-BY 4.0; autore fotografia: European Southern Observatory (ESO).
Ritratto fotografico di M. Merz; origine: Wikimedia Commons; diritti: CC-BY-SA 4.0; autore fotografia: Gorup de Besanez.
Mario Merz, Igloo, Palacio de Velázquez, Madrid; origine: Wikimedia Commons; diritti: CC-BY 3.0; autore fotografia: Alberto-g-rovi.
